domenica 2 maggio 2010

Primo maggio festa?! dei lavoratori


Già da ragazzo la festa del primo maggio non mi coinvolgeva. La consideravo una occasione per avere una giornata in più di tempo libero. Eppure anche io ero un lavoratore dipendente.

Non sono mai riuscito a sentire l’orgoglio di essere un “lavoratore”. E ogni anno che passa e viene celebrata questa giornata, sono sempre più preoccupato. Per gli altri.

Questa giornata io la accosto mentalmente ad un’altra giornata che non condivido. 8 marzo. Festa della donna. Ancora un’altra occasione per rendersi conto che le cose funzionano al contrario.

Spiego il mio punto di vista. E sempre tenendo presente che le mie idee sono rivolte alla libertà finanziaria e personale. So che molti non le condivideranno.

Partiamo dall’8 marzo ed arriviamo al primo maggio.

La giornata dell’8 marzo nasce per ricordare le conquiste sociali, politiche ed economiche delle donne, sia le discriminazioni e le violenze cui esse sono ancora fatte oggetto in molte parti del mondo.

Io immagino la festa dell’8 marzo come una giornata in cui donne e uomini possano riflettere insieme sulle ingiustizie e le disuguaglianze per costruire insieme un futuro migliore. Ribadisco “costruire” ed “insieme”.

Invece questa giornata non conserva alcun contenuto di riflessione e si limita soltanto ad essere un momento di “divisione” tra uomini e donne ed una occasione di marketing per le multinazionali. Di fatto è una giornata nella quale la donna “sottolinea” la sua condizione di oggetto di discriminazione. Molte donne mettono distanza dagli uomini organizzandosi in autonomia e replicano in versione femminile quello che per tutto l’anno criticano nel comportamento degli uomini.

Una occasione per costruire ed unire, viene trasformata in una occasione per distruggere e dividere.

Torniamo al primo maggio.

Ed ecco perché le cose anche in questa festa funzionano al contrario. Almeno per me.

Avete mai visto un carcerato che in prossimità del termine della pena manifesta per ottenere un ulteriore periodo di detenzione? Immaginiamo di no. Eppure è quello che finisce per accadere.

Molte persone nel carcere finiscono per sentirsi a loro agio con i “loro pari”. Con persone con le quali riescono a condividere il loro stato. E nel momento in cui potrebbero essere liberi, tornano a delinquere perché il carcere non li ha rieducati. Probabilmente torneranno a cercare la loro “zona di confort”.

La libertà significa anche la necessità di decidere con la propria testa, di prendere decisioni, andare incontro all’ignoto e rischiare di sbagliare. E pagarne il prezzo.

Coloro che il giorno del primo maggio manifestano per il diritto al lavoro, non comprendono la possibilità di manifestare per la libertà. “Lotta per il posto di lavoro” è l’unica frase che si ripete. Avete mai sentito parlare di “lotta per la propria indipendenza e libertà”?

Si parla e si lotta per il “diritto” ad essere soggiogati. Ad essere “dipendenti” ma dal sistema, dalla falsa sicurezza dello stipendio.

Io vedo un pericolo nel lavoro dipendente che i lavoratori dipendenti non vedono. Il pericolo di dipendere in tutto e per tutto da quel lavoro. Si affida la propria vita ed il proprio futuro ad un'unica possibilità di guadagno. Se si perde quella, spesso è tragedia.

Ma prendere atto di questo rischio non fa cambiare l’atteggiamento. C’è troppa paura di prendersi responsabilità, di rischiare di fallire. E molto più facile delegare a altri (stato, governo, datore di lavoro) la responsabilità delle scelte. Mettiamo così la nostra vita nelle loro mani.

Cito il film Matrix: “Sei nato in una prigione che non ha sbarre, che non ha mura, che non ha odore, una prigione per la tua mente..”

La nostra prigione sono le nostre credenze. Le mura di questa prigione sono fatte della nostra paura di prenderci la responsabilità di agire.

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